E’ la fredda mattina di un giorno di metà dicembre. Il governo presieduto da Silvio Berlusconi si gode il successo e i fasti di una attesa e sperata conferma della tenuta della maggioranza parlamentare in entrambe le camere, l’umore della popolazione è diviso sull’interpretazione del voto di fiducia del giorno precedente tra delusione ed entusiasmo, la città di Roma, teatro dei terribili scontri di piazza avvenuti nel suo cuore meno di 24 ore prima, osserva con rabbia e sconcerto i postumi di una vera e propria guerra cittadina.
Mentre l’attenzione del paese intero è rivolta all’ultimo successo numerico del “berlusconismo”, a Napoli prende vita una nuova tegola pronta a cadere su una maggioranza ebbra di ottimismo ma fragile nelle ossa: il GUP Alessandra Ferrigno, sciogliendo le riserve esposte nell’udienza dell’11 novembre, delibera l’invio presso la Camera dei Deputati della richiesta di utilizzo in fase processuale delle intercettazioni riguardanti l’onorevole Mario Landolfi, imputato per corruzione e truffa aggravate da connotazione mafiosa presso il Tribunale di Napoli.
Sei giorni dopo, il 21 dicembre, ad un soffio dalla chiusura delle attività parlamentari per la pausa natalizia (dal 23 dicembre al 9 gennaio), la domanda, racchiusa in un plico sigillato contenente copia della richiesta di rinvio a giudizio e la trascrizione delle intercettazioni in questione, perviene alla Camera.
Alla ripresa dei dibattimenti nelle aule di Montecitorio, la Giunta per le Autorizzazioni e, in particolar modo, la maggioranza parlamentare (o presunta tale), si imbatteranno in una nuova grana da risolvere, in grado di procurare guai di non poco conto per Mario Landolfi e di disintegrare i sottili e delicati equilibri che tengono in piedi una maggioranza fortemente instabile.
Le intercettazioni telefoniche che coinvolgono l’ex Presidente della Commissione Parlamentare di Vigilanza RAI ed attuale coordinatore campano del PDL si inseriscono nel filone d’indagine sui presunti rapporti d’affari tra Nicola Cosentino, lo stesso Landolfi e i clan camorristici campani (in particolar modo il clan La Torre, egemone a Mondragone e zone limitrofe nel periodo che va dal 2000 al 2005).
Il fulcro dell’intera vicenda è il consorzio CE4, società a capitale misto pubblico-privato specializzata nel trattamento dei rifiuti con un unico socio privato: la società ECO4, amministrata dai fratelli Michele e Sergio Orsi, entrambi condannati per associazione camorristica.
Stando alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Gaetano Vassallo, “colletto bianco” del clan Bidognetti, Nicola Cosentino e, in misura minore, Mario Landolfi, sarebbero i “controllori politici” della società ritenuta essere dagli inquirenti nelle mani dei clan casalesi Bidognetti prima e Schiavone poi.
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