Botta e risposta tra i legali del processo a carico del titolare della Niagara
Intercettazioni, libertà di stampa e privacy. Sono il contorno del processo che sta per aprirsi a Ferrara a carico del titolare della Niagara Srl Mauro Carretta, che verrà processato per illecita pubblicazione di atti di un procedimento penale e violazione della legge sulla privacy.
I fatti si riferiscono all’apertura del sito www.blogniagara.com, avvenuta nel novembre 2009, in cui vennero inseriti atti, registrazioni di telefonate, documenti relativi ad un’indagine a carico dei luogo tenti dei Noe di Bologna Sergio Amatiello e Vito Tufariello e di un imprenditore bolognese, attivata a seguito di denuncia di Carretta per presunte pressioni indebite a suo danno (il relativo procedimento per concussione a carico dei due ufficiali è pendente a Bologna, la prossima udienza è fissata per il 1 aprile).
La prima udienza che vede imputato Carretta è fissata per il 15 febbraio 2011. “I fatti contestati al legale rappresentante della Niagara – commentano in una nota gli avvocati Desi Bruno e Claudio Maruzzi, difensori di parte civile nella vicenda – devono far riflettere in questi tempi dove il web sembra per molti un territorio da colonizzare, dove il rispetto delle regole, che pure esistono, sembra essere davvero, per molti, l’ultimo dei problemi. La legge vieta e considera reato la pubblicazione degli atti di un processo o anche solo di una parte di essi, fino alla sentenza di primo grado per gli atti acquisiti al dibattimento, fino alla sentenza di secondo grado per gli atti del fascicolo del pubblico ministero. Il che vale per i verbali di interrogatorio, di testimonianze, per le intercettazioni telefoniche, ambientali e telematiche, sia per i cd brogliacci, ossia le trascrizioni informali, sia per le registrazioni.
Questo vale per il mondo di internet, che per i media televisivi e radiofonici, che per la carta stampata. E’ bene che si sappia che la pubblicazione degli atti di un procedimento prima che un giudice, terzo e imparziale, abbia deciso il processo, altera e inquina il regolare svolgimento dello stesso, lede la reputazione delle parti processuali e il diritto alla riservatezza delle numerose persone direttamente o indirettamente individuabili dagli atti”.
“Se passasse il principio che chiunque coinvolto in una vicenda giudiziaria possa costruirsi il suo processo su misura e diffonderlo sul web – aggiungono Maruzzi e Bruno -, attraverso la pubblicazione degli atti dell’indagine, opportunamente selezionati, con commenti introduttivi a dir poco orientati e maliziosi, alimentando sugli stessi un dibattito assolutamente incontrollato e incontrollabile, sarebbe la fine definitiva dello stato di diritto.
Questo non c’entra nulla con la libertà di stampa o con la libera manifestazione del pensiero. Qui si pretende l’arbitrio assoluto di distruggere la reputazione, quindi la vita delle persone. Il gip di Ferrara, ordinando a suo tempo il sequestro preventivo del sito, sollecitato dai sottoscritti, che conteneva gli atti del processo ha messo dei paletti importanti a questa deriva. Il danno alla reputazione e non solo, patito dai nostri assistiti è gravissimo e irreparabile, aggravatosi ancor più per la ormai ingovernabile diffusione che la vicenda ha avuto sul web e sui media in genere, quando ancora non è nemmeno iniziato il dibattimento di primo grado e gli atti non sono ancora (e molti non lo saranno mai) stati acquisiti dal Tribunale. Su questi temi è quanto mai urgente che si apra un confronto serio partendo dalle regole, cercando di spiegarne il senso e la logica ai cittadini”.
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