Lei e il boss che mentì per salvare Dell’Utri ricattavano il braccio destro di Berlusconi in cambio di soldi. Nel ricorso in Cassazione contro la sentenza d’appello che ha condannato Dell’Utri a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa, assolvendolo però dalle accuse che lo riguardavano dopo il 1992, il pg accusa Dell’Utri di avere pagato un falso pentito, Cosimo Cirfeta, per screditare i pentiti veri che muovevano accuse su di lui. Ma i soldi lì anticipò l’avvocatessa di Cirfeta, poi condannata per traffico di droga, a cui Dell’Utri non voleva restituirli. E lei, per riaverli indietro, era pronta a ricattarlo con il suo silenzio. “Li porto avanti sui giornali e li vedo sfilare tutti. Così faccio cadere il governo veloce veloce”. Ecco la storia ricostruita attraverso le testimonianze e le intercettazioni inedite.
La storia l’avevamo già raccontata, nel silenzio generale, due anni fa. Cosimo Cirfeta è un finto pentito della Sacra Corona Unita che si è suicidato in carcere nel 2003. Nel 1997 rese alla magistratura palermitana delle dichiarazioni in cui accusava i pentiti che da già da due anni raccontavano ai magistrati i rapporti del senatore Marcello Dell’Utri con la mafia siciliana (Guglielmini, Onorato e Di Carlo) di essersi accordati tra loro «per volgere delle accuse false nei confronti» di Berlusconi e Dell’Utri. I tre avrebbero anche voluto coinvolgerlo in questo complotto per «costruire una valida accusa […] contro il partito di Forza Italia del quale l’on. Berlusconi è presidente». Le dichiarazioni di Cirfeta, l’unico pentito ritenuto attendibile dalla difesa di Dell’Utri, si sono rivelate oggettivamente false (nel periodo in cui secondo Cirfeta i pentiti avrebbero reso le accuse concordate ai danni di Dell’Utri non risultano loro deposizioni, che risalgono invece a molto prima di quanto Cirfeta racconta di averli sentiti complottare). Oggi è in corso un processo per stabilire se sia stato il senatore Dell’Utri, assolto in primo grado e in attesa dell’imminente giudizio della Corte d’appello, il mandante di quelle accuse false contro i pentiti che parlavano di lui.
LE DICHIARAZIONI DI ORESTE – La storia del cosiddetto “caso Cirfeta”, però, è entrata, in quanto episodio di inquinamento probatorio, nel processo a Dell’Utri per concorso esterno in associazione mafiosa. Al processo d’appello il pentito Michele Oreste, ex collaboratore dell’avvocatessa di Cosimo Cirfeta, Alessandra De Filippis, ha testimoniato che ci sarebbe stato un accordo tra Dell’Utri e Cirfeta che prevedeva denaro e altre facilitazioni per il finto pentito se questo si fosse prestato a costruire accuse false contro i pentiti che raccontavano i rapporti di Dell’Utri con Cosa nostra.
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