Raffica di esposti al procuratore Guariniello: la videosorveglianza nel mirino. La Cisl: “E’ vero, se ne sta abusando”. La presidente dell’Ascom Coppa: “Un problema di lana caprina”
Un’impennata delle denunce , in procura, negli ultimi giorni. Sono arrivate decine di esposti sul tavolo del procuratore Guariniello, tutti sullo stesso argomento: i sistemi di videosorveglianza installati “abusivamente” in maniera più o meno occulta senza chiedere l’autorizzazione a sindacati o a direzione provinciale del lavoro. Le telecamere si trovano ormai dappertutto, non solo in banche e uffici postali ma anche in bar, ristoranti, negozi piccoli o grandi, uffici e imprese di ogni tipo.
A sporgere le querele sono per lo più dipendenti che si sentono in questo modo spiati e controllati a distanza, ma in parte si tratta anche di segnalazioni in seguito ai controlli dell’ispettorato o dai sindacati. Se da un lato per il titolare c’è l’esigenza di controllare la sicurezza del proprio ambiente di lavoro, che nessuno rubi o si faccia male, dall’altra lo statuto dei lavoratori prevede una normativa specifica che vieta l’installazione di qualsiasi dispositivo o apparecchiatura di controllo con la finalità di guardare da lontano se il proprio dipendente stia o meno lavorando. Un problema di privacy si scontra spesso con le esigenze del titolare dell’impresa.
Il problema diventa poi ancor più significativo se le telecamere sono occulte, e quindi nascoste. La norma tenta una mediazione tra le parti: non è del tutto vietato installarle, previa autorizzazione, a patto che ci siano finalità specifiche richieste da esigenze produttive, di sicurezza, o di tutela di un bene. “E’ vero però, si sta abusando di questo strumento – spiega Olga Longo sindacalista Fisascat Cisl – Intanto il datore di lavoro deve impegnarsi a non spiare i dipendenti: le telecamere nelle grandi aziende non dovrebbero essere sorvegliate dall’interno, ma da un istituto di vigilanza o da un soggetto terzo, nel piccolo negozio, invece, la registrazione dura solo un certo numero di ore poi viene cancellata. L’idea di un capo che controlla con un joystick i reparti non è possibile, non è autorizzato e i lavoratori lo devono sapere”. “In realtà il datore può installarle, sempre previa autorizzazione, su porte o banconi, senza puntarle sui dipendenti – chiarisce l’avvocato del lavoro Vincenzo Martino – e qualora debba controllare un bene da cui deriva necessariamente un controllo anche del dipendente deve farlo limitandosi il più possibile dall’osservazione del suo operato, proprio per questo ci deve essere una contrattazione sindacale. Altrimenti viola lo Statuto: una norma sanzionabile penalmente e i casi sono molto frequenti”.
L’aumento di denunce fa imbufalire la presidente dell’Ascom Maria Luisa Coppa: “Mi sembra un problema di lana caprina, e alla fine chi ci rimette è sempre l’azienda. In questo momento un dipendente prima di denunciare dovrebbe guardarsi intorno: un posto di lavoro è prezioso. E poi le telecamere servono proprio a tutelare tutti, il fine è prevenire e fare sicurezza. Se il lavoratore ha la coscienza a posto, cosa rischia?”. Sono tantissimi i commercianti e titolari di imprese che si sono rivolti all’Ascom per chiedere consigli in merito: “abbiamo proprio spinto le aziende a metterle, abbiamo addirittura fatto una convenzione con la Prefettura per fare insieme una tutela maggiore del territorio. E’ una questione di buon senso”.
Fonte: Repubblica