In questi giorni si sta assistendo ad un acceso e controverso dibattito all’interno delle istituzioni ecclesiastiche. Da una parte “L’Osservatore Romano”, dall’altra il segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana, il vescovo Mariano Crociata, hanno manifestato due punti di vista contrapposti sulla questione intercettazioni.
Le intercettazioni, ambientali o telefoniche, spesso effettuate con microspie, stanno negli ultimi mesi e anni dividendo l’opinione pubblica e facendo parlare diverse personalità di spicco, in ogni ambito, dalla politica, allo spettacolo, alla Chiesa. E ben si comprende come, se applicate anche ai dirigenti ecclesiastici, avrebbero effetti devastanti, come già provano le continue fughe di documenti vaticani, nella cui divulgazione è stata individuata la stessa assenza di rispetto della vita privata. Almeno questo è ciò che afferma chi alle intercettazioni si dichiara in tutto e per tutto contrario.
Certo, a nessuno piacerebbe sapere di essere intercettato o spiato con delle microspie o microregistratori, ma non si può non riconoscere il valore delle intercettazioni nello scoprire atti criminosi che, altrimenti, non sarebbero mai venuti a galla. È questo che ha voluto sottolineare il vescovo Crociata in una conferenza su etica privata ed etica pubblica tenuta il 28 aprile, a Sorrento.
Secondo Crociata, infatti, risulta paradossale, al giorno d’oggi, vedere spezzato il legame coscienza personale-vita sociale. La coscienza e la morale sono uniche ed è assurdo cercare di dividerle tra pubblico e privato. L’individuo non può prescindere dal vivere in armonia con gli altri, in società, e non può prescindere dall’avere nella società comportamenti coerenti con la sua morale, che non può essere diversa a seconda del contesto in cui si trova. Così, il vescovo ha difeso a spada tratta le intercettazioni, che hanno permesso di rilevare in personalità di pubblico rilievo atteggiamenti privati e individuali non consoni alle qualità morali richieste per ricoprire certi ruoli.
Del parere diametralmente opposto, invece, si è mostrato “L’Osservatore Romano”, secondo quanto si ricava dalla lettura di un testo dello storico della Chiesa Paolo Prodi, apparso sul quotidiano della Santa Sede il 4 maggio, che considera sbagliato mettere sulla “piazza mediatica” tutto ciò che è interiore, “senza alcun senso di una scelta interna tra bene e male”. Parole che sicuramente appaiono meno chiare e propositive rispetto a quelle di Crociata e che indubbiamente susciteranno nel lettore critiche contrastanti.