Rinnovato sostegno ai sette dirigenti baha’i in prigione in Iran da parte di alcuni gruppi per i diritti umani
Prosegue il sostegno mondiale ai sette dirigenti baha’i in prigione in Iran mentre uno di loro incomincia il suo quarto anno di detenzione.
Mahvash Sabet, insegnante di scuola e madre di due figli, è stata messa in prigione il 5 marzo 2008 ed è stata tenuta in isolamento per 175 giorni.
Il 14 maggio 2008, sono stati arrestati altri sei eminenti baha’i iraniani. Dopo 20 mesi di detenzione senza alcuna imputazione nella prigione Evin di Teheran, i sette sono stati imputati in tribunale di spionaggio e di aver formato un’amministrazione illegale e di altre colpe. Tutte le imputazioni sono state respinte. Stanno ora scontando 10 anni di carcere nella famigerata prigione Gohardasht.
Il recente trasferimento dei detenuti in un’ala più rigorosa della prigione ha spinto alcune organizzazioni per i diritti umani a esprimere nuovamente le proprie preoccupazioni. Amnesty International degli Stati Uniti ha chiesto ai suoi membri di inviare ai sette baha’i e ad altri prigionieri di coscienza iraniani biglietti di auguri per l’imminente capodanno persiano.
«Grave preoccupazione»
Il mese scorso una dichiarazione congiunta di tre grandi organizzazioni ha invitato la comunità internazionale a prendere provvedimenti urgenti per la liberazione dei sette.
«Il trasferimento e il peggioramento delle condizioni della detenzione ci inducono a credere che il benessere e la vita dei dirigenti baha’i in prigione siano a rischio e il prolungamento della loro detenzione arbitraria è indice di un pericolo immediato che richiede una reazione urgente», hanno detto la Federazione internazionale per i diritti umani (FIDH), la Lega iraniana per i diritti umani (LDDHI) e il Centro dei difensori dei diritti umani (DHRC).
In un comunicato stampa rilasciato dall’FIDH il 18 febbraio, il premio Nobel per la pace Shirin Ebadi ha ricordato alla comunità internazionale che «i prigionieri non hanno avuto un giusto processo e il prolungamento della loro detenzione arbitraria è molto preoccupante».
«Chiedo ancora una volta la loro immediata liberazione e la cessazione di tutte le vessazioni contro la comunità baha’i», ha detto la signora Ebadi, che è anche membro del gruppo di legali che difendono i sette baha’i.
Anche Minority Rights Group International (MRGI) ha pubblicato una relazione nella quale afferma che «le dimensioni della repressione contro i gruppi minoritari in Iran è un elemento centrale ma sottovalutato nella nuova battaglia per la democrazia» e che la «la persecuzione contro i baha’i è la più forte fra le persecuzioni contro le minoranze in Iran.
«La dirigenza informale della comunità baha’i iraniana, che si trova in carcere dal 2008, è stata condannata nel 2010 a dieci anni di detenzione con l’accusa di aver cospirato contro la Repubblica Islamica e anche i loro legali … sono stati soggetti a intimidazioni, incarcerazioni e attacchi» dice la dichiarazione.
Il 23 febbraio, il segretario di stato americano Hilary Clinton ha espresso profonda preoccupazione per «la persecuzione di cittadini iraniani per mano del loro governo…»
«I dirigenti iraniani continuano a perseguitare anche altre minoranze etniche e religiose», ha detto il segretario Clinton.
«Ci preoccupa la notizia che, delle decine di prigionieri messi a morte nel 2011, la maggior parte appartengono a minoranze religiose. Inoltre, i baha’i e altre minoranze religiose continuano a essere soggetti ad arresti e processi arbitrari e a sentenze molto dure e a essere detenuti in condizioni di insicurezza. Invitiamo l’Iran a liberare tutti i prigionieri politici e le minoranze perseguitate… Il mondo continuerà a osservare e chiederà conto ai responsabili di queste azioni», ha detto il segretario Clinton.
L’incriminazione e la condanna dei sette dirigenti è stata menzionata anche nel Rapporto mondiale del 2011 pubblicato in gennaio da Human Rights Watch, un gruppo per i diritti umani con base negli Stati Uniti. «Il governo li ha accusati di spionaggio senza alcuna prova e ha respinto la richiesta dei loro legali di celebrare un processo rapido ed equo», dice il rapporto.
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