WASHINGTON – Una roccia di colore grigio. Era incastonata su un’altura che guarda la valle libanese della Bekaa. Ma non era quello che sembrava: all’interno di un guscio in fibra di vetro, modellato come una roccia, c’era un sofisticato apparato di spionaggio. I guerriglieri filo-iraniani dell’Hezbollah hanno annunciato di averlo scoperto pochi giorni fa e ne hanno segnalato la presenza all’esercito libanese. Il sistema sarebbe stato in grado di monitorare una zona usata dai miliziani per il training e un’importante rotta seguita dai camion che portano armi dalla Siria all’Hezbollah. Nelle vicinanze è stato poi individuato un secondo apparato. Conteneva una videocamera, poteva trasmettere immagini, ricevere segnali e disponeva di un laser per “illuminare” bersagli.
GUERRA DI SPIE – La notizia della scoperta è solo l’ultimo episodio nella guerra di spie che si combatte in Libano. Da mesi l’Hezbollah e le autorità locali annunciano arresti di «talpe» al servizio di Israele. Alcune sono fondate, altre invece appaiono strumentali. I guerriglieri filo-iraniani vogliono dimostrare che il Libano è infiltrato dal Mossad, così come gli apparati di comunicazione. A cominciare dai telefoni. Una denuncia legata alla possibile incriminazione da parte del tribunale internazionale di alcuni dirigenti del movimento sciita. Personaggi di spicco sospettati di aver organizzato l’omicidio dell’ex premier Hariri e collegati all’attentato da una serie di cellulari. Sostenendo che il network telefonico è infiltrato, l’Hezbollah vuol dimostrare che quelle accuse sono state manipolate. Sarebbe stato interessante ascoltare il parere di chi ha svolto quelle ricerche – un coraggioso ufficiale libanese – ma lo hanno fatto fuori con una carica esplosiva.
REAZIONI OPPOSTE – Le rivelazioni sulla roccia-spia hanno suscitato reazioni opposte in Israele. Qualche esperto non ha dimostrato sorpresa: è scontato che la nostra intelligence – ha dichiarato – impieghi informatori e mezzi sofisticati. Altri hanno ipotizzato una mossa propagandistica dell’Hezbollah. E non hanno escluso che possa trattarsi di apparati lasciati da Israele dopo il ritiro dal Libano. Sulla «scatola magica» c’era una targhetta con riferimenti ad una società israeliana: da Gerusalemme è trapelata l’indiscrezione che la compagnia operava negli anni ’70. Ma potrebbe essere anche questa una versione di comodo. Un «tecnico» si è poi chiesto se l’impianto fosse dotato di un meccanismo di autodistruzione. Lo stesso che ha ridotto in frammenti, numerosi sensori, nel Libano sud nell’arco degli ultimi mesi. Fonti locali, a questo proposito, hanno sostenuto che caccia israeliani avrebbero incenerito con un raid un terzo apparato nei pressi della città costiera di Sidone.
Fonte: Corriere.it