Internet è un universo tanto affascinante quanto pericoloso, soprattutto per i più giovani. Un ruolo fondamentale è quello interpretato dai genitori, i primi a dover controllare le attività dei propri e, in alcuni casi, ricorrere a strategie mirate a spiare qualsiasi operazione eseguita in rete. L’invito a monitorare l’accesso ad Internet dei propri figli arriva da James Batelli, direttore del corpo di polizia di Mahwah, negli USA, che durante un seminario spiega come e perché procedere.
Al centro delle attenzioni vi sono sicuramente i social network, canale di comunicazione che in alcuni casi può rivelarsi una forte minaccia per gli ingenui adolescenti in cerca di amicizie sul web. Le pagine di cronaca non difettano di articoli riguardanti giovani che, pensando di avere a che fare con un proprio coetaneo, sono poi finiti nella trappola di adulti. Per controllare quanto svolto dai più piccoli è possibile ad esempio ottenere la password dei rispettivi account Facebook, tramite un software presentato dalla polizia nel corso di tale seminario.
Il costo, pari ad 80$ per licenza, non rappresenterebbe per Batelli un limite invalicabile per genitori desiderosi di garantire una navigazione sicura ai propri figli. Conoscere la password significa poter controllare gli amici e le comunicazioni effettuate nel corso dei giorni precedenti, avendo dunque la possibilità di bloccare ogni persona considerata sospetta. Il pericolo non proviene però solo dall’esterno, ma in alcuni casi possono essere proprio i giovani navigatori a compromettere la propria posizione con dichiarazioni o foto inappropriate.
Rendere sicura l’esperienza web dei più piccoli significa però anche limitare l’accesso a determinati siti: in tal caso possono essere utili alcuni software in grado di effettuare i dovuti controlli e di impedire l’apertura di pagine ritenute inopportune. Non solo social network, dunque, ma qualsiasi tipologia di sito in grado di rappresentare un pericolo di ogni genere per i più giovani. Se quest’ultima pratica è ritenuta valida anche dall’esperto di psicologia familiare Jeffrey Kassinove, lo stesso non si può dire però delle password rubate ai propri figli: secondo Kassinove, infatti, ciò significherebbe fornire ai bambini un insegnamento scorretto, legittimando di fatto le menzogne.
Fonte: WebNews