L’allarme era già stato lanciato a luglio da Lookout, azienda che si occupa di sicurezza sui cellulari: esistono codici nascosti che potrebbero raccogliere e inviare dati personali. Se ci eravamo convinti che la raccolta di dati tramite Street View fosse accidentale, se fossimo già ricorsi a Google Alarm per combattere il Grande Fratello online, si scopre ora con certezza che anche le applicazioni degli smartphone Android ci stanno spiando.
In parte glielo abbiamo consentito noi durante l’installazione, ma forse non ci saremmo mai immaginati che inviassero anche dati come geolocalizzazione, IMEI, numero di telefono e via dicendo a server remoti. E invece è così, come hanno dimostrato alcuni ricercatori americani sviluppando l’app TaintDroid, in grado di monitorare il comportamento del nostro smartphone.
Lo studio, sviluppato dagli Intel Labs, Penn State University e Duke University, punta a monitorare in tempo reale l’accesso ai dati sensibili da parte delle applicazioni installate su Android. E così si è scoperto che due su tre delle 30 applicazioni analizzate, selezionate fra le più diffuse, inviano dati privati a inserzionisti pubblicitari on line. La metà delle applicazioni prese in esame invia la posizione geografica dell’utente, sette app svelano l’IMEI (il codice che contraddistingue il dispositivo fisico) e in alcuni casi anche il numero di telefono e il seriale della Sim. “Non sappiamo se il comportamento osservato fosse maligno – spiega a Wired.it Landon Cox, assistant professor alla Duke University e membro del progetto di ricerca – Sottolineiamo però che molte delle applicazioni analizzate condividevano le informazioni cui l’utente aveva acconsentito loro di accedere in modi non chiaramente dichiarati nell’user agreement”.
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