Lo scorso 8 aprile, per diciotto minuti, il 15% del traffico internet degli Stati Uniti è stato dirottato verso un server cinese. I dati “intercettati” contengono anche informazioni riservate, comunicazioni dell’esercito e della Nasa e se fossero stati decifrati, gli effetti per la sicurezza nazionale, nonché per la privacy, potrebbero rivelarsi “drammatici”. La società indicata come responsabile della “deviazione” dei dati, China Telecom, è di proprietà statale e oggi, come riporta il Guardian, ha negato ogni addebito. Anche il governo cinese ha respinto le accuse degli Stati Uniti. Ancora non è chiaro se si tratta di un errore del sistema o se vi sia stato un palese intento doloso. Sta di fatto che l’anomalia si è verificata.
Lo ha reso noto qualche giorno fa il National Defense Magazine dopo la denuncia del pdf di 300 pagine della U.S.-China Economic and Security Review Commission nel rapporto annuale della Commissione Usa-Cina per la sicurezza presentato al Congresso americano. La stampa estera riprende la notizia, chiedendosi perché l’accaduto emerga solo ora, a distanza di sette mesi. In quei diciotto lunghi minuti infatti i dati internet ad alta sensibilità statunitensi e di altri Paesi sono passati erroneamente attraverso i server cinesi, dopo che China Telecom aveva inviato informazioni di routing sbagliate: una mole di traffico impressionante, compresi i delicati dati delle agenzie governative, ha seguito il percorso errato a causa della modifica del routing su internet, approdando sui server cinesi. Il fenomeno in questione è il cosiddetto IP hijacking e si verifica quando il router impone una rotta diversa, indicando come percorso migliore un nodo differente da quello abituale. In questo caso dunque il nodo cinese è stato opportunamente configurato per risultare agli occhi di chi inviava il pacchetto come l’algoritmo di routing da preferire. China Telecom ha categoricamente smentito, in un comunicato inviato alla France Presse, «qualsiasi deviazione di traffico internet».
Fonte: Il Journal