Il procuratore aggiunto di Palermo a Modena per presentare il suo libro, parla della mafia e del’importanza delle indagini telefoniche per fermarla. Per la nostra realtà un plauso alla Carta Etica: «Ottima sponda per i tribunali»
«Contrastare le infiltrazioni significa continuare a muoversi con la massima attenzione dei cittadini, dell’opinione pubblica e delle associazioni in tutti gli ambiti, specie per gli appalti dell’edilizia». Parola di Antonio Ingroia procuratore aggiunto antimafia di Palermo.
«Qui a Modena l’esempio della carta etica dei professionisti, è un ottimo modo per dare seguito e sponda a quello che succede nelle aule dei tribunali». Un plauso, quello di Ingroia, ribadito nel corso della presentazione del suo ultimo libro “Nel labirinto degli dei”. Un libro che raccoglie le storie di tante persone incrociate negli anni di lavoro, che parla dei siciliani come persone che non cambieranno mai perchè si considerano perfetti, accettando la realtà come immutabile, rendendo difficile l’avviamento di un vero processo di cambiamento.
«L’idea del labirinto è un immagine che ben rappresenta la realtà della mafia, spesso mi sembrava di essere vicino ad una svolta, ma alla fine eri ancora al punto di partenza» ha sottolineato Ingroia. Cresciuto nel pool di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, Ingroia, intervistato dal giornalista Pierluigi Senatore, ha dato ampio spazio ai temi attuali come quello delle intercettazioni, «fondamentali nella mia carriera, strumento senza il quale non sarebbero state possibili le condanne a tanti uomini della mafia, tanti colletti bianchi, corrotti e collusi. È stato lo strumento investigativo più importante in assoluto». Ingroia ha poi parlato della riforma della giustizia, definendola «controriforma della magistratura», mantenendo, nonostante tutto, un atteggiamento ottimista: «In alcuni ambiti ho assistito a grandi passi in avanti; parlo dell’evoluzione del principio di uguaglianza all’interno della magistratura, della diminuzione delle adesioni spontanee al sistema mafioso in Sicilia, e la grandi ribellioni portate avanti dalle associazioni nate dal basso. Sono convinto che ci sia ancora la possibilità che nel braccio di ferro tra l’Italia della legalità e l’Italia dei collusi non ci sia ancora un esito definitivo. La mafia ha però una grande capacità di riproduzione, è un sistema di potere criminale con una straordinaria capacità di relazionarsi con gli alti poteri e non è un fenomeno estraneo alle classi dirigenti; tutti fanno il tifo per te quando l’ala militare della mafia esagera, ma una volta contenuto, ci si rimette al tavolo con il mafioso perché in fondo spesso la mafia serve».
Inevitabile il richiamo alla trattativa tra Stato e mafia al tempo delle stragi del ’92: «Ancora non c’è certezza e chiarezza sul fatto che Borsellino sapesse della trattativa tra Stato e mafia» ha sottolineato Ingroia. «Negli ultimi anni sono emerse cose inquietanti e dolorose, squarci di verità che dicono che ci furono depistaggi. Per questo oggi si stanno mettendo in discussione le sentenze definitive, grazie a collaboratori come Spatuzza e Ciancimino. Sono certo che se Borsellino avesse saputo della trattativa si sarebbe opposto con tutte le sue forze».
Fonte: Gazzetta di Modena