A giugno 2010 i cittadini sottoposti a intercettazioni sono arrivati a quota 100mila, 10mila in più dell’anno precedente. Nel frattempo, la spesa complessiva è però diminuita. Mentre il Parlamento si appresta a rispolverare il vecchio progetto di legge sulle intercettazioni, dopo l’invito di Silvio Berlusconi alla maggioranza che lo sostiene, il ministero della Giustizia tira le somme sull’attività investigativa svolta. E la sintesi del monitoraggio di Via Arenula è tutt’altro che scontata: aumenta, sì, il numero delle intercettazioni, i cosiddetti «bersagli», secondo un trend stabile nel medio periodo, ma diminuiscono i costi. E con questi anche la spesa media per ogni singola operazione.
Nel primo semestre del 2010, ultimo periodo di riferimento per cui i dati forniti dalle procure sono stati verificati dal ministero, i bersagli dei pm hanno superato la soglia delle 75mila unità. La cifra comprende sia le intercettazioni di conversazioni telefoniche, che costituiscono grosso modo il 90% dell’attività, sia quelle ambientali. Nello stesso periodo dell’anno precedente, l’asticella degli “ascolti” si era invece fermata a quota 68mila. L’ultimo anno intero “calcolabile” è quello che va dal luglio 2009 al giugno 2010: in questi dodici mesi le intercettazioni hanno superato le 143mila unità.
Circoscrivendo l’analisi ai soli controlli telefonici si può tentare di trovare la corrispondenza tra il totale annuo e il numero di persone fisicamente intercettate, in altre parole di indagati. Di sicuro, quest’ultimo è più basso di quello dei bersagli, perché è lecito aspettarsi che ciascuna persona sottoposta a indagini, in media, disponga di più di una utenza. E dunque è logico presumere che il numero di persone oggetto di operazioni di intercettazione sia inferiore, e non di poco, alle 143mila utenze sotto osservazione tra luglio 2009 e giugno 2010: una stima plausibile è i due terzi, cioè 100mila.
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