Hanno fatto bene a sospettare, un paio di poliziotti che da anni si occupano della protezione del pm Andrea Tarondo, magistrato della Procura di Trapani che si è spesso occupato di scottanti inchieste sulle connessioni tra Stato e mafia.
L’auto del magistrato viene usualmente posteggiata nel parcheggio del super sorvegliato Palazzo di Giustizia con telecamere di sorveglianza collocate ovunque. Un finestrino dell’auto blindata leggermente aperto ha fatto scattare l’allerta degli uomini di guardia: qualcuno si è introdotto nella macchina del pm. Non un attentato, ma un’operazione per togliere una microspia, forse addirittura un localizzatore gps. Abbiamo detto bene, non mettere, ma togliere. Sotto al cruscotto, infatti, sono stati individuati un paio di fili scoperti, che un tecnico specialista in intercettazioni ambientali, ha ritenuto compatibili con quelli per l’alimentazione di microspie, rimasti dopo la rimozione della cimice. Il dispositivo può aver trasmesso dati sugli spostamenti, spesso abitudinari, di Tarondo e qualcuno, dopo aver raccolto le informazioni necessarie, ha pensato bene di chiudere il lavoro, rimuovendo l’apparecchio. Non è stata un’operazione da manovalanza criminale, ma da specialisti, esperti all’opera per scoprire il lavoro di quel magistrato “scomodo” che in questi mesi ha alzato il livello delle indagini contro le connessioni tra mafia e politica, sulle casseforti a disposizione del super boss latitante Matteo Messina Denaro. Il pm, inseguendo la criminalità si è anche imbattuto in infedeli servitori delle istituzioni, investigatori corrotti e corrompibili.
L’auto blindata, una Bmw, è stata posta sotto sequestro dalla Procura della Repubblica di Caltanissetta che si sta occupando del caso. Non è chiaro se l’intercettazione riguardi solo gli spostamenti o anche i colloqui sostenuti da Tarondo anche telefonicamente durante i viaggi in macchina.
La cimice o il gps sono segnali chiari che la mafia ha alleati e complici insospettabili che hanno curiosità di conoscere il contenuto delle carte che quel magistrato ha in mano a proposito degli intrecci tra Cosa nostra e istituzioni. Una mafia sempre più infiltrata nelle istituzioni, fin dentro quegli apparati che dovrebbero difendere lo Stato e invece colpiscono gli onesti cittadini.