Il dialogo telefonico finì integralmente su Il Giornale. Fu pubblicato per favorire il fratello Silvio. Il reato è rivelazione del segreto d’ufficio.
“Allora abbiamo una banca!”: la frase detta da Piero Fassino, all’epoca segretario dei Ds, all’amministratore dell’epoca di Unipol, Consorte, impegnato nella scalata alla Bnl, e finita prima sul Giornale e poi su tutti i media italiani, ha portato all’apertura di un’indagine della magistratura di Milano su Paolo Berlusconi, editore del quotidiano diretto oggi da Alessandro Sallusti.
L’accusa è di ricettazione e di rivelazione di segreto istruttorio, ma a essa è collegato anche un altro filone di indagine.
Paolo Berlusconi è accusato di aver favorito – con la pubblicazione delle intercettazioni di Fassino – la campagna elettorale del fratello Silvio, conclusasi con la sua vittoria.
Un’intercettazione coperta dal segreto istruttorio
In “qualità di editore del quotidiano Il Giornale” – chiarisce una nota dell’Agenzia Ansa – il 31 dicembre del 2005 Paolo Berlusconi pubblicò la conversazione intercettata tra Piero Fassino e Giovanni Consorte (“Abbiamo una banca”) nonostante fosse ancora coperta da segreto istruttorio.
Per questo il fratello del presidente del Consiglio è indagato per concorso in rivelazione e utilizzazione del segreto d’ufficio.
La Procura di Milano ha chiuso le indagini: 4 indagati
La Procura di Milano ha chiuso le indagini, in vista della richiesta di rinvio a giudizio, nei confronti di quattro persone tra cui l’ex titolare della Research Control System, Roberto Raffaelli, l’imprenditore Fabrizio Favata, e il fratello del presidente del Consiglio Paolo Berlusconi, per la vicenda del “passaggio di mano” dell’intercettazione Fassino-Consorte ai tempi delle indagini sul tentativo di scalata di Unipol a Bnl.
Concorso in rivelazione e utilizzazione del segreto d’ufficio
Paolo Berlusconi, come si legge nell’avviso di conclusioni indagini firmato dal pm Maurizio Romanelli, è indagato dunque non solo per ricettazione e millantato credito ma anche per concorso in rivelazione e utilizzazione del segreto d’ufficio. Dall’avviso di chiusura delle indagini emerge inoltre che il contenuto della conversazione telefonica intercorsa tra Piero Fassino e Giovanni Consorte e intercettata nel corso dell’inchiesta sul tentativo di scalata a Bnl da parte di Unipol, venne rivelata anche da Paolo Berlusconi quando era ancora coperta dal segreto d’ufficio “in favore” del fratello e presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.
Il premier favorito dal fratello, ma non indagato
Silvio Berlusconi non è indagato nell’inchiesta appena chiusa dal pm di Milano Maurizio Romanelli. Secondo quanto si legge nell’avviso di conclusione, Roberto Raffaelli, l’imprenditore che era capo della Research Control System, società che forniva alla Procura le attrezzature per le intercettazioni, avrebbe rivelato il contenuto della nota intercettazione ad altre due persone (ora indagate), tra cui l’imprenditore Fabrizio Favata.
Una pen drive consegnata a Paolo Berlusconi
Queste, a loro volta, avrebbero rivelato la conversazione a Paolo Berlusconi che, ricevuto il nastro della telefonata su una “pen drive”, secondo quanto si legge, lo avrebbe affidato “al quotidiano Il Giornale”. Secondo la ricostruzione del pm, la rivelazione del segreto, così determinatasi, sarebbe avvenuta in favore di “Silvio Berlusconi, presidente del Consiglio in carica”.
Il premier “parte lesa” per un tentato ricatto
Nell’avviso di conclusione delle indagini – conclude l’Ansa – il premier risulta parte lesa per il tentativo di estorsione messo in atto dall’imprenditore Fabrizio Favata, che “mediante contatti telefonici e personali con l’avvocato Ghedini Niccolò” e con un collaboratore del suo studio, aveva minacciato “di denunciare all’Autorità Giudiziaria” o “di riferire a testate giornalistiche” la vicenda del “passaggio di mano” del nastro, in cambio di denaro.
Fonte: ilsalvagente.it