Secondo indiscrezioni, le indagini non starebbero trovando alcun riscontro alle accuse anonime che hanno portato al licenziamento di tre big manager, accusati di aver venduto informazioni riservate alla concorrenza.
ACCUSE INFONDATE? – Se le indiscrezioni uscite sulla stampa dovessero rivelarsi esatte, il presidente della Renault, Carlos Ghosn, farebbe una gran figuraccia. Sì, perché a mano a mano che passa il tempo, il presunto caso di spionaggio che ha portato alla sospensione di tre top manager della casa francese, accusati di aver venduto alla concorrenza informazioni riservate sulle auto elettriche in fase di sviluppo, potrebbe rivelarsi una bolla di sapone. Della serie, molto rumore per nulla.
MANCANO LE PROVE – Dopo aver gridato allo scandalo, Ghosn potrebbe perderci la faccia. Il fatto è che le indagini non sembrano trovare riscontri alle pesanti, quanto generiche, accuse contenute nella lettera anonima che ha sollevato il polverone. Altrettanto generiche conferme sarebbero state trovate da un detective privato ingaggiato per il caso. Nel frattempo, ci sono andati di mezzo Michel Balthazard, membro del comitato di direzione, il suo vice Bertrand Rochette e Mathieu Tenenbaum, codirettore del programma di sviluppo dell’auto elettrica.
IMBARAZZO GENERALE – Anche il governo francese, azionista di maggioranza della Renault, si trova in imbarazzo. La questione stava sollevando un autentico incidente diplomatico, allorché si cominciò a parlare di un misterioso committente cinese. Accusa, questa, che ha scatenato le ire di Pechino. Dal canto suo, la Renault si trincera dietro il classico “no comment”. Una cosa pare emergere con chiarezza: i conti svizzeri su cui, in primo momento, sembrava fossero state versate ingenti somme di denaro da parte di un misterioso gruppo cinese, e che sarebbero stati intestati ai manager allontanati, semplicemente non esisterebbero.