Deutsche Telekom ha accettato di versare 1,7 miliardi di euro a diverse associazioni e fondazioni attive nella tutela della privacy e nella lotta contro la dicriminazione e il razzismo come ‘contropartita’ delle pratiche di spionaggio effettuate dalla società tra il 2005 e il 2006.
Attività di spionaggio sui dati telefonici degli utenti, soprattutto giornalisti, volte a identificare l’origine di fughe di notizie confidenziali e che la società ha ammesso di aver effettuato soltanto nel 2008.
In seguito all’ammissione di colpa, la procura di Bonn aveva aperto un’inchiesta che vedeva coinvolti i massimi vertici della società, tra cui l’ex numero uno Kai-Uwe Ricke, e l’ex presidente del consiglio di sorveglianza, Klaus Zumwinkel, già al centro delle polemiche in seguito a diversi episodi di furto dei dati sensibili degli utenti attraverso le sue reti.
Il più eclatante ha riguardato il furto – ai danni della filiale mobile T-Mobile – dei dati personali di oltre 17 milioni di clienti. Nelle mani di ignoti malfattori nomi, indirizzi privati, numeri di telefono, contatti email di milioni di clienti, tra cui anche diverse note personalità pubbliche come uomini politici, ministri, ex presidenti della Repubblica, economisti, miliardari e religiosi.
Un caso che ha subito richiamato alla mente quanto accaduto negli Usa nel 2005, quando T-Mobile Usa ha fatto causa a un hacker – il 21enne (all’epoca dei fatti) Nicholas Lee Jacobsen – accusato di essersi introdotto nelle sue reti e aver spiato tutto quanto avveniva sui telefonini degli utenti, dalle conversazioni alle e-mail, dalle password ai numeri di previdenza sociale e alle foto. Nel mirino dei ladri finì anche il cellulare della starlette Paris Hilton.
Nell’operazione che ha portato all’arresto dell’hacker, denominata “Operation Firewall“, vennero incriminate altre 28 persone in sei Stati per furto di identità e frode.
Nel terzo trimestre, la società – di cui il governo detiene il 32% – ha registrato un utile netto di oltre 1 miliardo di euro, su un fatturato di 15,6 miliardi.
L’ex monopolio statale considera questo risarcimento da 1,7 miliardi di euro, “un gesto responsabile nei confronti dei membri del consiglio di sorveglianza, dei delegati del personale, dei sindacalisti e delle loro famiglie, che sono stati coinvolti in maniera massiccia nelle attività di spionaggio telefonico”.
Fonte: Key 4 Biz