Sarebbe stato risolto grazie ad un’incredibile “confessione” l’omicidio di Piero Di Francesco, 32enne imprenditore siciliano trovato morto il 9 gennaio del 2012 in uno spiazzo di Riesi (Caltanissetta). Il padre Stefano, 63 anni, che aveva trovato il cadavere carbonizzato del figlio dentro ad una vecchia Mercedes, si sarebbe auto-incastrato.
I carabinieri di Caltanissetta, infatti, non avevano creduto all’ ipotesi di suicidio suggerita proprio dal papà della vittima. L’autopsia aveva poi dimostrato che Piero era stato prima colpito alla testa con un bastone o una vanga, e poi bruciato mentre era ancora vivo.
Così gli agenti avevano deciso di mettere una microspia sulla lapide di Piero. E nella cimice il papà della vittima avrebbe riversato i propri rimorsi: “Ah, Cricchietto, guarda cosa mi hai fatto fare”, avrebbe detto in un dialogo immaginario col figlio. Una confessione in piena regola, da film. Dunque il padre avrebbe ucciso il proprio primogenito in coda a una lite scoppiata per il solito motivo: voleva riprendere il comando dell’azienda di famiglia che, dichiarata fallita, era finita in gestione ai figli.
Ma il rimorso che il (presunto) assassino ha registrato attraverso la microspia è solo parziale. I carabinieri hanno infatti reso noto che in un’intercettazione, condotta tramite un software spia per cellulari, il signor Di Francesco si lamentava così con un amico: “Doveva morire l’altro figlio e non Piero”.
Da sempre i microsistemi professionali collaborano con le forze dell’ordine, ma anche con normali cittadini intenti a fare giustizia collaborando con gli agenti. L’importante è scegliere prodotti garantiti in grado di incastrare i colpevoli senza mettere in pericolo chi cerca la verità.